«La mancanza delle opportunità d'investimento è tornata»
Matthias Geissbühler, CIO di Raiffeisen Svizzera, descrive il 2024 come un anno borsistico solido, ma avverte sulle sfide di un 2025 caratterizzato dall'indebolimento dell'Europa e dalla minaccia di una stagnazione in Cina, con gli USA che sperano in un atterraggio morbido. Azioni difensive e in grado di distribuire dividendi elevati, oro e immobili offrono interessanti opportunità d'investimento.
Intervista a Matthias Geissbühler, Chief Investment Officer di Raiffeisen Svizzera
Intervista: Roberto Stefano
NZZ am Sonntag del 29 dicembre 2024
Le incertezze geopolitiche sono cresciute ulteriormente nel 2024, ma nonostante il contesto difficile ci lasciamo alle spalle un anno borsistico solido. I mercati finanziari sono forse diventati immuni alle influenze geopolitiche?
Matthias Geissbühler: No, in realtà altri temi hanno dominato e trainato le borse lo scorso anno, primo fra tutti il soddisfacente sviluppo degli USA, dove i profitti aziendali sono cresciuti enormemente, facendo volare i mercati. Questo trend al rialzo è stato supportato dai primi tagli ai tassi di riferimento operati dalle banche centrali. Anche la prospettiva di un atterraggio morbido privo di crolli congiunturali è stata di ulteriore aiuto, tuttavia è importante ricordare che questo sviluppo ha registrato divergenze sostanziali nelle diverse parti del mondo.
Molti esperti finanziari avevano previsto per il 2024 un atterraggio morbido per l'economia mondiale, una stima risultata troppo pessimistica. La flessione è forse destinata ad arrivare ora, con un po' di ritardo?
In realtà ci attendiamo un rallentamento congiunturale negli USA per il 2025, con una previsione del +2 per cento, che equivarrebbe a un atterraggio morbido. In altri paesi si registrano anche trend recessivi: l'economia giapponese stagna, alcuni paesi europei si stanno indebolendo e non intravediamo una crescita significativa nemmeno per la Cina. Non siamo pessimisti e non ci attendiamo una recessione globale, ma la crescita risulterà debole soprattutto in Europa.
Quale sarà il futuro degli USA con il nuovo Presidente Donald Trump?
Dipende da quali promesse elettorali attuerà e con quali tempistiche. Credo che agirà molto rapidamente, perché i repubblicani controllano sia la Camera dei rappresentanti sia il Senato. Per il resto, è molto difficile fare una previsione ora, anche se è il secondo mandato di Donald Trump. Resta una persona imprevedibile, ma bisogna attendersi anche effetti positivi in caso di rafforzamento della deregolamentazione o tagli alle imposte. Tuttavia, la sua politica commerciale e doganale rappresenta una fonte di pericolo.
Nel lungo periodo, questa politica potrebbe rivelarsi un boomerang?
Certamente. Le barriere commerciali e la conseguente progressiva deglobalizzazione creano di norma una situazione lose-lose. Gli USA registrano un'inflazione del 2.7 per cento, un valore ancora molto al di sopra del range target stabilito dalla Banca centrale. Un aumento dei dazi doganali potrebbe far crescere ulteriormente i prezzi in America e una politica sull'immigrazione più severa provocherebbe una carenza di manodopera sul mercato del lavoro, due fattori che innalzano l'inflazione.
In che misura le problematiche commerciali acuiscono la crisi in Cina?
Si tratta di un ulteriore aggravio, ma la situazione è già difficile. Riconosco dei parallelismi con il Giappone degli anni '90, quando anche lì scoppiò una bolla immobiliare. La crisi in Giappone si protrasse per diversi anni, definiti oggi il decennio perduto. In Cina potrebbe accadere qualcosa di simile.
La Cina ritroverà la sua antica forza?
Sono piuttosto scettico al riguardo, perché, accanto alla debolezza congiunturale causata dalla crisi immobiliare, in Cina si registra anche un cambiamento a livello demografico: la popolazione diminuisce e invecchia, mentre cresce il benessere. In Cina non si registreranno più quindi tassi di crescita a due cifre come negli anni 2000. In futuro, la crescita dovrebbe assestarsi piuttosto intorno al 3-4 per cento.
Nel 2024, a dominare il mercato azionario statunitense sono stati i «Magnifici Sette»: Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla. Molti investitori si chiedono se il prezzo di queste azioni non stia diventando eccessivo. Lei cosa ne pensa?
Sembra effettivamente che i corsi azionari abbiano già scontato molte speranze per il futuro, in particolare nel campo dell'intelligenza artificiale: nel 2024, questi titoli hanno infatti registrato mediamente un aumento del valore di ben due terzi, mentre gli utili sono cresciuti «solamente» di circa il 30 per cento. Nei mesi scorsi si è infatti assistito a una decisa espansione delle valutazioni; pertanto è cresciuto il rischio di correzioni per i titoli tecnologici, tanto più che nel 2025 i tassi di crescita sono destinati a scendere in considerazione del valore assoluto degli utili. È consigliabile quindi realizzare una parte degli utili di corso.
L'economia europea resta invece indietro. Come stima la situazione nel nostro continente?
L'Europa sta attraversando una situazione difficile a causa della recessione industriale e non si registrano segnali di miglioramento. Gli indicatori preventivi, come l'indice dei responsabili degli acquisti, restano infatti in calo; a questo si aggiungono poi le incertezze politiche in Francia e Germania. Per la seconda metà del 2025 potrebbe aiutare un taglio dei tassi, per i primi sei mesi ci attendiamo invece scarsi impulsi di crescita.
A dicembre, la Banca centrale europea (BCE) ha tagliato i tassi di 0.25 punti percentuali, portandoli al 3 per cento. Quali altre fasi si attendono per il 2025?
Ci attendiamo un deciso allentamento della politica monetaria: entro la fine del 2025, la BCE potrebbe abbassare il tasso di riferimento fino all'1.5 per cento, per stimolare la congiuntura. Restiamo invece prudenti sulle azioni europee. Solo una crescita stabile degli indicatori preventivi nel corso di un trimestre potrebbe rappresentare un segnale per investire di nuovo in maniera decisa sui valori ciclici; ciò, tuttavia, difficilmente si verificherà prima della seconda metà del 2025.
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«La deglobalizzazione crea di norma una situazione lose-lose.»
Matthias Geissbühler
Chief Investment Officer di Raiffeisen Svizzera
La BNS ha operato un taglio del tasso di riferimento ancora più netto di quello della BCE, pari a 0.5 punti percentuali. Era necessario?
Mi ha sorpreso la rapidità con cui ha operato la BNS, giustificando il taglio tra l'altro con la forza del franco, il cui rincaro, però, è stato contenuto. Anche gli obiettivi sull'inflazione della BNS vengono raggiunti agevolmente e molti indicatori fanno prevedere un atterraggio morbido per la congiuntura. Nonostante ciò, recenti dichiarazioni indicano che sia assolutamente pensabile un'ulteriore riduzione dei tassi dall'attuale 0.5 verso lo 0 per cento.
Gli immobili beneficiano del calo dei tassi. Vale la pena di investire in questo settore?
I bassi tassi mettono le ali ai mercati immobiliari. Gli interessi ipotecari sono già scesi e probabilmente caleranno ancora. Inoltre, gli immobili potrebbero rappresentare sempre di più un'alternativa a titoli di Stato più sicuri. Per queste ragioni, ci attendiamo un solido andamento dei prezzi sul mercato immobiliare svizzero. In particolare, potremmo assistere a una maggiore concentrazione sui fondi immobiliari, grazie a rendimenti distribuiti interessanti con una concomitante prospettiva di aumento dei prezzi.
L'oro come opportunità d'investimento ha segnato un valore record nel 2024. Il suo prezzo è giustificato?
Sì. Riteniamo che l'oro debba restare presente in un portafoglio ai fini della diversificazione. L'ulteriore calo dei tassi e le incertezze geopolitiche sono elementi a favore di questo metallo prezioso, per il quale non bisogna tuttavia attendersi un'ulteriore crescita del 30 per cento nel 2025.
Come occorre posizionarsi nel 2025?
La crisi degli investimenti torna a farsi sentire per chi investe nel franco svizzero. Le obbligazioni a dieci anni della Confederazione danno un rendimento di appena lo 0.2 per cento e anche i conti di risparmio non fanno meglio. Considerando l'inflazione, ne risulta una perdita del potere di acquisto. Il denaro di cui non si ha necessità va quindi investito in azioni, fondi immobiliari o nell'oro. Vanno presi in considerazione anche i titoli difensivi, in grado di distribuire dividendi elevati come Novartis, Nestlé o Roche, perché sono pagatori di dividendi sicuri che offrono distribuzioni interessanti di circa il 4 per cento. Dopo la performance relativamente debole degli ultimi due anni, il mercato azionario svizzero denota un potenziale di ripresa. Anche i fondi immobiliari svizzeri e l'oro devono far parte di un portafoglio diversificato.
È necessaria una ridistribuzione del portafoglio?
Dipende dalla sua composizione attuale. I forti spostamenti che hanno caratterizzato le borse nel 2024 potrebbero aver modificato gli equilibri nel portafoglio, rendendo opportuno un cosiddetto «rebalancing». In ogni caso è consigliabile rivedere periodicamente la propria situazione patrimoniale, ad esempio nell'ambito del check del patrimonio di inizio anno.
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Matthias Geissbühler
Chief Investment Officer di Raiffeisen Svizzera
Matthias Geissbühler è responsabile della politica d'investimento come Chief Investment Officer (CIO) di Raiffeisen Svizzera dal gennaio 2019. Insieme al suo team, analizza costantemente gli eventi globali sui mercati finanziari e sviluppa la strategia d'investimento della Banca.