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Passo indietro dei privati come committenti
- La crescente complessità dei progetti e le strette maglie normative stanno frenando la voglia dei privati di costruire
- Nel medio e lungo termine i tassi d'interesse non sono la causa dell'aumento degli affitti, nonostante gli aumenti del tasso di riferimento dello scorso anno
- Le ipoteche basate sul mercato monetario sono generalmente la forma di finanziamento più favorevole, ma sono associate a una maggiore volatilità
- La locazione a breve termine di appartamenti tramite piattaforme di sharing economy sta crescendo in modo dinamico, soprattutto nelle regioni turistiche di montagna
San Gallo, 16 maggio 2024. I privati si stanno ritirando sempre più dall'edilizia residenziale. Oltre al principio dell'edilizia ad alta densità, che aumenta ulteriormente la complessità dei progetti edilizi, sono responsabili di questo sviluppo anche la marea di normative, la tendenza a costruire edifici residenziali più grandi e persino alcuni «fenomeni legati alla prosperità», come il declino delle competenze artigiane. Circa un appartamento nuovo su dieci, tra quelli da affittare, viene costruito da committenti privati. Vent'anni fa era ancora uno su cinque. Sempre più spesso i privati lasciano ai professionisti anche la costruzione di case unifamiliari. Nel 2008 due terzi delle domande di costruzione di case unifamiliari erano presentate da privati, mentre ora questo dato è pari a meno della metà. Come osserva Raiffeisen Economic Research nello studio, la crescente complessità sembra scoraggiare molti committenti privati. Per contro, gli investitori istituzionali dispongono generalmente di maggiori risorse finanziarie e umane e possono conseguire economie di scala e sinergie. Si osserva, inoltre, che i privati non solo agiscono meno in qualità di committenti della costruzione, ma vendono anche più frequentemente i loro immobili a reddito, in particolare a investitori istituzionali. Di conseguenza, dal 2017, la percentuale di abitazioni in locazione di proprietà privata è scesa dal 49 al 45 per cento. «Per molto tempo quest'evoluzione non è stata avvertita, perché durante il periodo di bassi tassi d'interesse gli investitori istituzionali hanno volentieri colmato il vuoto lasciato dai privati. È stato solo con l'aumento dei tassi d'interesse e la diminuzione della relativa attrattiva degli investimenti immobiliari che gli investitori istituzionali hanno moderato i loro appetiti, facendo così venire alla luce il ritiro dei committenti privati in corso da molti anni», spiega Fredy Hasenmaile, Economista capo di Raiffeisen Svizzera. Allo stesso tempo è probabile che anche alcuni fenomeni legati alla prosperità abbiano rafforzato la tendenza. «Le competenze artigiane di base dei cittadini svizzeri tendono a diminuire, poiché ci sono sempre più lavori d'ufficio e la maggior parte dei lavoratori dipendenti non svolge quasi alcuna attività artigiana nel proprio lavoro quotidiano. Inoltre, nella nostra «società del tempo libero» le persone preferiscono sempre di più un weekend libero dopo una dura settimana di lavoro a un «secondo lavoro» in cantiere», aggiunge Hasenmaile.
L'andamento del tasso d'interesse di riferimento è di secondaria importanza
Grazie al ciclo di riduzione dei tassi d'interesse avviato dalla Banca nazionale svizzera, l'aumento del tasso d'interesse di riferimento del dicembre 2023 per il momento dovrebbe essere l'ultimo. Coloro che sono già locatari, quindi, non devono temere ulteriori aumenti dei costi abitativi nel prossimo futuro. Tuttavia, ciò non fermerà l'aumento continuo e a lungo termine degli affitti. Infatti la carenza di alloggi, che continua ad accentuarsi, fa sì che gli affitti offerti continuino a salire – di recente addirittura al tasso di crescita annuale più alto dal 1996. «L'adeguamento dei prezzi al livello abituale per la località e il quartiere al momento del cambio di inquilini e le nuove abitazioni offerte a condizioni di mercato standard, fanno nel complesso salire gli affitti. Prima o poi ciò comporterà un aumento dei costi abitativi per tutte le famiglie in locazione», afferma Hasenmaile.
Le ipoteche del mercato monetario restano la carta vincente
Dopo un lungo periodo di grande stabilità, la volatilità è tornata sul mercato ipotecario svizzero con la svolta dei tassi d'interesse alla fine del 2021. Con i mutamenti del panorama dei tassi d'interesse, anche le preferenze per le ipoteche fisse o del mercato monetario sono cambiate ripetutamente negli ultimi due anni. Nonostante la forte preferenza per la sicurezza delle ipoteche fisse, i proprietari di abitazione si sono mostrati piuttosto sensibili al prezzo, optando spesso per la forma di finanziamento più conveniente. Nel primo trimestre di quest'anno, solo il 35 per cento circa dei rinnovi e dei nuovi finanziamenti conclusi avevano una durata di cinque o più anni. Le ipoteche fisse a due o tre anni, invece, sono state recentemente molto richieste. Poco più del 50 per cento di tutte le ipoteche fisse stipulate nel primo trimestre del 2024 avevano una durata così breve. «Da un punto di vista storico, i periodi in cui è stato possibile realizzare un risparmio a posteriori stipulando un'ipoteca fissa più lunga rispetto a un'ipoteca del mercato monetario sono stati estremamente rari. Nella maggior parte dei casi, insomma, le ipoteche del mercato monetario sono la forma di finanziamento più vantaggiosa, a condizione che si riesca a convivere con la volatilità», sottolinea Fredy Hasenmaile.
La sharing economy incentiva il mercato degli alloggi per vacanze
Il mercato degli affitti di abitazioni a breve termine tramite piattaforme di sharing economy si è ripreso in modo sorprendentemente rapido dopo la pandemia. Già nel 2022 il numero di pernottamenti prenotati ha superato di gran lunga il livello pre-pandemia. Il mercato ha continuato a crescere in modo estremamente dinamico nel 2023. Con oltre 8.5 milioni di pernottamenti, nel 2023 si è registrato un dato superiore quasi del nove per cento rispetto al già positivo anno precedente. Airbnb e piattaforme analoghe sono in piena espansione, soprattutto nelle regioni turistiche di montagna, mentre il turismo cittadino e fieristico è ancora in difficoltà. «Il modello di business degli affitti a breve termine spesso genera rendimenti più interessanti nelle regioni di montagna rispetto ai tradizionali affitti a lungo termine. Oltre alla domanda vivace, anche le misure normative più moderate nelle regioni che dipendono dal turismo sono responsabili di questo risultato», spiega Fredy Hasenmaile.